Accento grave
Se non ricordate come distinguere l’uno dall’altro, pensate che quello grave “scende”. Considerando che noi leggiamo da sinistra verso destra, questa è la direzione della sua triste discesa.
L’accento grave si usa sempre con le vocali: à, ì, ò, ù. Per cui almeno su questo non potete sbagliarvi.
Accento acuto
L’accento che “sale” da sinistra verso destra, invece, si può presentare con la e.
In quali casi?
La prima regola da ricordare è che vogliono l’accento acuto tutte le parole che sono composte di “che”, come perché, poiché, giacché, affinché, finché, benché…
Vogliono inoltre l’accento acuto i numeri composti di tre, come ventitré, trentatré…
Le parole né (non è né carne né pesce) e sé (pensa solo a sé).
Nella terza persona singolare del passato remoto di alcune voci verbali della terza coniugazione: ripeté, poté, godé (alternativo a godette)…
Infine, si possono ricordare mercé, scimpanzé, viceré, autodafé e affé (che non so quanto userete nella vita reale).
È da segnalare, inoltre, che alcune case editrici, come Einaudi, per scelta editoriale usano l’accento acuto anche sulla i e sulla u.
Molto spesso l’uso dell’accento acuto viene tralasciato perché non considerato rilevante (effettivamente esistono errori più gravi) e perché, quando si è intenti a scrivere qualcosa di “importante”, si tende a pensare che Word possa correggere tutte le sviste di questo tipo. In realtà Word non è infallibile, ha anzi molti bachi, alcune parole non sono riconosciute e se vi saltasse il correttore automatico potreste trovarvi alla mercè di un testo zeppo di scimpanzè senza nemmeno sapere il perchè.