Il punto su WhatsApp e sulla punteggiatura

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Di recente un articolo apparso sul New Republic ha aperto un dibattito sul nuovo uso che si fa del punto, e della punteggiatura in generale, nelle conversazioni su WhatsApp, negli sms o via chat. L’articolo sosteneva che terminare una frase o, peggio, una risposta a una domanda con un punto fermo (cosa in altri contesti pienamente legittima) può essere interpretato come un atteggiamento aggressivo, una predisposizione negativa o quantomeno fredda e distaccata. Tutti possiamo trovarci d’accordo in questo: se chiedo a un amico “Come va?” e mi risponde “Bene.”, penso subito che in quel momento abbia un’espressione tutt’altro che allegra e mi viene in mente la faccia di Daria (chiunque guardasse MTV alla fine degli anni ’90 potrà capire). Ciò avviene soprattutto perché nelle chat, di ogni genere, premere “invio” è già un modo convenzionalmente accettato per chiudere una frase, quindi il punto risulta come un elemento aggiuntivo, che conferisce un tono rigido e perentorio.

Accettato questo radicale mutamento del povero punto fermo, possiamo chiederci quali altri segni di punteggiatura stiano cambiando nell’uso che ne viene fatto su questi mezzi di comunicazione. Oltre agli emoji, che ormai sostituiscono le parole, soprattutto di chi non le ha o quando non si ha voglia di usarle (quando ti inviano una foto scrivendo “Guarda che bello il mio gatto!” cosa rispondi? Faccina che sorride), l’articolo cita anche l’abuso di punti esclamativi (nonché di quelli interrogativi), impiegati per dare enfasi e slancio a frasi che apparirebbero piatte. Ma pensiamo anche al prolungamento ossessivo dei puntini di sospensione (“Te lo dirò dopo…………….”) e alla scomparsa assoluta del punto e virgola che, a onor del vero, diventa sempre più raro anche in forme di scrittura più “alte”. Una moltiplicazione esponenziale interessa anche le vocali o le consonanti, a seconda della necessità: Coooooosaaaa??? Sei sicurooooo???? Sìììììì!!! Un sottile escamotage usato da tutti (me compresa) proprio per supplire alla mancanza di comunicazione visiva.

La prima obiezione che verrebbe in mente è che la lingua scritta da secoli riesce a ovviare alla carenza di espressività della voce  o del viso tramite altri espedienti che non siano la proliferazione schizofrenica di aaaa e iiiiii (a parte alcune eccezioni illustri). Vi immaginate Emma Bovary domandare a Léon: “Si diletta di musicaaa…….???” Ma laddove si discetta di letteratura, qui si chiacchiera solo di WhatsApp.

 

Pubblicato da Carmela Giglio

Cacciatrice di sinonimi, scalatrice di costrutti sintattici, esploratrice di ambiguità semantiche, con un'improvvida attrazione per tutto ciò che è visuale e visionario.