10 tormentoni di vecchie serie tv che forse abbiamo dimenticato

L’universo liquido delle citazioni comprende, ovviamente, anche i quotes delle serie televisive, soprattutto quelle di ultima generazione. Prima del “Winter is coming” di Game of Thrones o del “Say my name” dell’insuperato Walter White, però, siamo stati perseguitati da altre ossessioni televisive, con la differenza che non esisteva lo streaming e una volta perso un episodio si poteva solo cedere a un incolmabile vuoto esistenziale. Per tutti i nostalgici dei telefilm anni ’80 e ’90, ecco, in ordine cronologico, 10 frasi entrate nella storia, televisiva e non.

1. Hey! [Happy Days, 1974-1984]

happy-daysC’è una parola inglese che ben definisce Happy Days: plain, che significa “piatto, semplice, chiaro, evidente”, ma anche “insipido, banale, insignificante”. Nonostante ciò, inutile dire quale sia stato il successo della serie, figlia di un’epoca che, per dimenticare i postumi dei drammi del proprio tempo (dalla guerra in Vietnam al Watergate) si rifaceva ai mitici anni Fifties, idealizzandoli, edulcorandoli e decolorandoli: un mondo in cui i neri non sono vittime della segregazione razziale perché non esistono proprio e l’unico elemento black che si può ammirare è il chiodo di Arthur “Fonzie” Fonzarelli mentre alza i pollici ed esclama “Hey!”…

2. Na-no na-no [Mork e Mindy, 1978-1982]

mork_800_1Nata come spin-off proprio di Happy Days (in un episodio, l’alieno Mork si materializza in un sogno di Richie Cunningham), la deliziosa serie Mork e Mindy godeva principalmente delle invenzioni interpretative di un giovanissimo Robin Williams, che al termine di ogni puntata si collegava con la base del suo pianeta di origine per spiegare quanto aveva imparato della Terra, per poi prendere commiato con il tipico saluto “na-no-na-no” (in lingua originale “na-nu, na-nu”).

3. Che cavolo stai dicendo, Willis? [Il mio amico Arnold, 1978-1986]

Il-mio-amico-ArnoldChiunque abbia più di 27 anni (per un soffio, o quasi, anche la sottoscritta), ha citato almeno una volta la frase caratteristica di Arnold, con tanto di espressione tipica a suggello. Oltre a questo super-tormentone che ha imperversato per anni, la serie è ricordata per essere stata una delle poche di quel periodo ad aver affrontato tematiche scomode, come le questioni razziali e la droga e, purtroppo, per la lunga serie di sciagure che hanno colpito i suoi attori, negli anni successivi al termine delle riprese.

4. Sono stato io a fare questo? [Otto sotto un tetto, 1989-1998]

Steve-UrkelCandidato da molti meme circolanti in rete ad antesignano degli hipster di Williamsburg, Steve Urkel, che pronunciava questa frase dopo ognuno dei suoi rocamboleschi disastri, è stato uno dei protagonisti di una di quelle sit-com che, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90, mettevano in scena le vicende di simpatiche famiglie di afroamericani benestanti, come I Jefferson e I Robinson, spopolando negli States così come nelle nostre neonate tv commerciali.

5. I gufi non sono quelli che sembrano [Twin Peaks, 1990-1991]

twin-peaksPer non spoilerare nulla a chi non ha mai visto Twin Peaks (Aaarrgh! Chi è costui?), soprattutto in vista dell’arrivo del sequel, mi asterrò dal citare la frase che amo di più (per chi non è a rischio spoiler, eccola) della visionaria serie di David Lynch, il punto di congiunzione perfetto tra arte e televisione. “I gufi non sono quelli che sembrano” è invece una delle profezie del gigante che visita Dale Cooper. E non dico altro, anche perché questa è una delle frasi più dibattute della serie, su cui si sono consumati fiumi di inchiostro e montagne di pixel.

6. Oh, mio dio! [Friends, 1994-2004]

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Sebbene anche Friends, come Happy Days, sia stato tacciato di essere uno degli show televisivi più razzisti della storia (non c’è traccia di un nero in tutta la Grande Mela, verosimile, no?), non si può resistere all’amore incondizionato per Chandler Bing & Co. E proprio da Janice, sempiterna ex di Chandler, arriva il tormentone più esilarante della serie, con gli immancabili piani di reazione che non dimenticheremo mai (e che ritroviamo qui).

7. Pietra sopra [Ally McBeal, 1997-2002]

jon-bon-jovi-calista-flockhart-ally-mcbealQuesto (pronunciato dal personaggio di Richard Fish) è solo uno dei tanti tormentoni e tic, linguistici e non, che accompagnano tutta la serie. Sebbene alcuni ricordino Ally McBeal solo per aver annoverato tra i componenti del cast alcuni nomi illustri (Robert Downey Jr, tra l’altro arrestato per droga proprio mentre girava la serie, Lucy Liu, Jon Bon Jovi – sì, proprio lui, per una decina di episodi –, Portia de Rossi – meglio conosciuta come la moglie di Ellen DeGeneres – e Calista Flockhart – meglio conosciuta come la moglie di Harrison Ford), la serie era arricchita da tutta una godibilissima costellazione di piccole perle di stravaganza, che infarcivano un prodotto a metà tra il legal drama e la commedia romantica (da quest’ultima le interminabili passeggiate di Ally sulla via di casa, che alla fine di ogni episodio servivano a fare il punto sulla sua situazione sentimentale, sinceramente insopportabili…).

8. La verità è la fuori [X-Files, 1993-2002]

x-files“The truth is out there” era la tagline che compariva alla fine dei titoli di testa di ogni episodio (in alcuni casi, sostituita da altre frasi più o meno enigmatiche). Non è solo la frase simbolo della serie, ma la madre di tutti i complottisti e microchippati sottocutanei.

9. Carica… libera! [ER – Medici in prima linea, 1994-2009]

ERPrima che Shonda Rhimes infestasse l’etere con le interminabili recriminazioni sentimentali di Meredith Grey, il medical drama per eccellenza era ER, il gioiello televisivo di Michael Crichton, in cui non ci si interrogava per ore sulle proprie emozioni o su come slacciare il reggiseno alla propria collega in ascensore, ma si defibrillava a tutto spiano al grido di “Carica… libera!” per 45 minuti o giù di lì (e nel frattempo magari si limonava con George Clooney, prima che diventasse George Clooney).

10. Hanno ammazzato Kenny! Brutti bastardi! [South Park, 1997-in corso]

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Se pensate che I Griffin siano le serie animata più cattiva della tv, non avete mai visto South Park (nato due anni prima), probabilmente perché in Italia è sempre stato trasmesso in seconda serata inoltrata, quando, facendo zapping, si parte da Bruno Vespa e si atterra nella miriade di reti locali ospitanti spettacolini soft porno. Ecco, in questa fascia oraria, tra il macabro e l’osceno, si inseriscono le risate irriverenti dei bambini di South Park, che a ogni episodio (o quasi) assistono alla morte di Kenny.

Pubblicato da Carmela Giglio

Cacciatrice di sinonimi, scalatrice di costrutti sintattici, esploratrice di ambiguità semantiche, con un'improvvida attrazione per tutto ciò che è visuale e visionario.