Giù le dita dalle virgolette!

air-guitarSe siete tra quelli che virgolettano con le dita qualunque parola e si esercitano costantemente nell’air quotes (che nulla ha a che vedere con l’air guitar), potete anche interrompere quest’inutile lettura. Le virgolette per voi sono uno stile di vita, come le salsicce a colazione per gli inglesi, una di quelle cose che giustificano la Brexit e anche ogni altra forma di ghettizzazione sociale.
In caso contrario, ecco cosa sono, quando vanno usate le virgolette e quando entrano in competizione con il corsivo.

Innanzitutto, vi sono tre tipi di virgolette, le virgolette basse (« »), dette anche caporali o a sergente, perché ricordano le mostrine sulle spalline dei militari, le virgolette alte doppie (“ ”) e le virgolette alte semplici o apicali (‘ ’). Quest’ordine indica anche la gerarchia in cui devono essere usate, nel caso in cui si debbano impiegare tutte e tre all’interno di una frase:
Lucia mi raccontò: «Paolo ha passato il weekend assillandomi con un sacco di domande sul nostro rapporto: “Siamo ancora solo ‘amici’ o possiamo definirci ‘fidanzati’? Posso dire a mia mamma che sei la mia ‘ragazza’?”»

La prima cosa da dire è che la normativa sulle virgolette in parte dipende dalle scelte editoriali interne a ciascuna casa editrice (o alla redazione di una rivista, un quotidiano, ecc), come si può vedere in tutti i casi in cui è richiesto questo segno di punteggiatura.

1. Uno degli usi previsti delle virgolette è dato, innanzitutto, dai dialoghi, che possono essere racchiusi da virgolette alte o basse (a seconda delle scelte editoriali). È inoltre possibile anche decidere di riservare l’uso delle virgolette al pensiero dei personaggi, utilizzando la lineetta per il dialogo vero e proprio.
– Mi hai detto la verità? – chiese Luigi.
– Certo, ci mancherebbe! – rispose il figlio, ma tra sé pensava: «Figurati, mica sono scemo».

2. Le virgolette possono inoltre segnalare il titolo, di un quotidiano, di un film, di un libro, ecc. In questo caso alle virgolette si può alternare il corsivo (o italico), che di solito viene usato per citare titoli dei libri e dei film, mentre alle virgolette è assegnato il compito di segnalare i titoli di quotidiani e riviste.

3. Le virgolette, alte o basse, vanno usate anche per segnalare delle citazioni, un altro caso in cui, però, è necessario fare delle distinzioni. Citare un’intera frase necessita solitamente dell’uso delle virgolette, alte o basse, ma nel caso della citazione di un’espressione singola si può usare il corsivo (ad esempio: viviamo in quello che Dante definì il bel paese). Inoltre, per le lunghe citazioni è anche possibile operare dei cambi di corpo del carattere, usare un font diverso e un’interlinea minore, ecc. Di nuovo si parla di scelte editoriali, che hanno come regola aurea quella della coerenza e dell’uniformità: una volta deciso il modo in cui segnalare citazioni, titoli e dialoghi, bisogna operare sempre nella stessa maniera, sia che si tratti della revisione di un testo per una casa editrice, sia della rilettura della propria tesi di laurea.
virgolette

4. Inoltre le virgolette possono essere usate quando si parla del termine stesso (Sai dirmi da cosa deriva la parola “bibita”?). In quest’ultimo caso le virgolette entrano in competizione con il corsivo, o con il grassetto, quando ne è previsto l’uso, che può essere usato per evidenziare il lemma di cui si parla, riservando alle virgolette il compito di fornire la spiegazione. Visto che al corsivo è sempre riservato il compito di segnalare termini stranieri e prestiti linguistici, si potrà quindi adottare questa soluzione: La parola bibita deriva dal latino bibere, che vuol dire “bere”.

5. Infine, le virgolette possono segnalare un’anomalia semantica e indicare un termine che viene impiegato in modo improprio, in maniera ironica (Ecco che arrivano i cosiddetti “baroni” dell’università”) oppure un neologismo di recente introduzione (È proprio “petaloso”…), a meno che non sia straniero, in tal caso, come detto, si dovrà usare il corsivo.

Sicuramente, tra le modalità di impiego delle virgolette quella che genera più confusione è l’ultima, nel linguaggio giornalistico e tra la gente comune, sui forum e sui social di ogni tipo. Virgolettare un termine è una prassi che andrebbe impiegata con parsimonia. In molti credono che le virgolette possano sostituire la buona pratica dell’uso dei sinonimi e delle perifrasi, invece utili quando un termine non sembra perfettamente calzante con le proprie intenzioni comunicative.

Tornando al primo esempio fatto, se non sapete definire un rapporto, invece di agitare convulsamente le dita in aria strillando Io non sono la tua “ragazza”!, respirate profondamente e dichiarate: Non mi sento ancora pronta per diventare la nuora di tua madre.

Pubblicato da Carmela Giglio

Cacciatrice di sinonimi, scalatrice di costrutti sintattici, esploratrice di ambiguità semantiche, con un'improvvida attrazione per tutto ciò che è visuale e visionario.