He, hai ragione!
Non è un dialogo dettato dai sintomi di un hangover, ma un esempio molto verosimile di uno scambio di battute su WhatsApp. Qui – e più in generale sui social e sui forum online – diamo libero sfogo alle nostre perversioni linguistiche e ci lasciamo andare a ogni tipo di violenza ortografica e morfosintattica. È un po’ il Westworld della lingua scritta, dove puoi sparare (e fare altro) a chiunque, facendola franca.
Sugli schermi di pc e smartphone non solo comprimiamo le parole fino a trasformarle in deliranti codici fiscali e facciamo evaporare i limiti sugli abusi alla punteggiatura, un altro fenomeno – apparentemente più discreto – spesso prende vita, dando corpo a una convinzione strisciante nell’animo di molti: nelle esclamazioni l’h si può mettere a casaccio.
Le esclamazioni, che fanno parte delle interiezioni, vivono la vita negletta dei parenti poveri della grammatica. Se di tempi verbali come il congiuntivo ci si preoccupa fino all’inverosimile, nessuno pare occuparsi delle povere esclamazioni, di cui si possono documentare avvistamenti in tutte le forme (sbagliate): A! Ha! Eih! He? Hei! Ho! O! Aimè! Bu?
Il problema non tocca le esclamazioni improprie (Forza! Coraggio! Bene!), che in fin dei conti sono solo normali parole corredate da un bel punto esclamativo, ma riguarda le esclamazioni proprie e soprattutto l’uso dell’h.
Dando per scontato che tutti i madrelingua italiani non abbiano più dubbi su dove mettere l’h nelle voci del verbo avere dall’età di 7 anni, questa letterina malefica può ballare impunita per tutta la vita nelle esclamazioni. Queste parti del discorso invariabili, in alcuni casi, si distinguono dal verbo avere, da congiunzioni e preposizioni semplici proprio in virtù della posizione dell’h, che ha una funzione diacritica (ha – ah – a; ho – oh – o…).
Non è pedanteria, quindi, ma solo un promemoria per salvarci in alcune occasioni in cui scrivere bene conta ancora: non quando commentiamo una notizia su un sito (per molti un’azione compulsiva), ma quando dobbiamo scrivere a qualcuno a cui teniamo, come il nostro partner (o chi vorremmo lo diventasse) o il nostro capo (o chi vorremmo lo diventasse).
Le esclamazioni proprie, dunque, si scrivono così: Ah! Uh! Oh! Ih! Eh? Ahi! Ohi! Ops! oppure Ups! (dalla voce onomatopeica inglese oops!) Ahimè! Ohimè! Bah! Mah! Urrà! Uffa!
Veh! o Ve’! (Caduto quasi del tutto in disuso. Sarebbe il troncamento di “vedi”) Deh! (Ancor più vetusto, introduce una preghiera e deriva dal vocativo di deus).
Un’altra categoria che genera confusione estrema è quella delle onomatopee, o fonosimboli. Essendo considerate la parte più divertente di una lingua (molte arrivano dai fumetti) e quella più lontana dalla lingua codificata, c’è in genere una grande libertà nella loro scrittura. Molte figure onomatopeiche sono abbastanza normate (Gulp, Tic-tac, Sigh, Miao, Bau, Arf, Slurp…), per altre si scatena un profluvio di vocali e consonanti che non trova fine. Grrrr o Grrr? Brrrrr o Brr? Fiu o Fiuuu? (Quest’ultimo diventato di moda tempo fa grazie a Massimiliano Allegri.) Nei dizionari si possono trovare invariabilmente con due o tre lettere finali, per cui in genere è meglio attenersi a una certa moderazione.
Essendo però parole che riproducono suoni e hanno una forte valenza espressiva, nessuno potrà bacchettarvi se scriverete: Fiuuuuuuu! Ho preso il treno per un pelo: sto arrivando!
In fondo, ogni u potrà mostrare una tacca in più del vostro entusiasmo nel raggiungere il partner (ormai vostro, per fortuna!) oppure il capo (ormai vostro, per fortuna?).