Assolutamente sì o no? Non drammatizziamo… è solo questione di avverbi

domicile-conjugal-truffautUno dei must have nei decaloghi sulle nefandezze perpetrate ai danni dell’italiano è costituito da assolutamente, avverbio usato per esprimere un o un no, che però, di per sé, ha valore neutro, né affermativo né negativo, poiché indica qualcosa che si attua “in maniera assoluta”, “del tutto”, “totalmente”. Si deve quindi dire assolutamente sì o assolutamente no, per non generare ambiguità. In questa pericolosa zona d’ombra tra l’affermazione e la negazione cade un altro imputato, un po’ meno illustre: affatto, avverbio nato con un’accezione positiva e poi trasformatosi, nel linguaggio comune, nel corrispettivo di nient’affatto.

Assolutamente, però, genera ben più infiammate indignazioni, anche quando usato all’interno di una frase per rafforzarne il significato (Devi assolutamente vedere questo film!) e infesta a tal punto le notti dei puristi della lingua (e degli aspiranti tali) che Wikipedia ha preso atto di questo fenomeno dedicandogli una bella paginetta, mentre sul portale Wikiquote sono state raccolte alcune celebri invettive contro il bistrattato avverbio.

Un altro motivo di demonizzazione è dato dal fatto che il suo crescente uso è derivato dall’absolutely inglese, mutuato senza troppi complimenti dal linguaggio televisivo e cinematografico a stelle e strisce.
Se ciò non bastasse, all’uso di assolutamente sono state attribuite diverse colpe di carattere sociologico: la principale vede nell’abuso di questo avverbio un sintomo di una comunicazione “urlata”, che preleva i toni esasperati dei media per portarli nelle nostre conversazioni quotidiane, aggiungendo un carattere aggressivo e perentorio anche laddove non ce ne sarebbe bisogno. Leggendo poi i commenti degli utenti su forum e blog fioriscono addirittura tesi paracospirazionistiche, che adombrano nel suo uso un inquietante campanello d’allarme sullo stato dell’italianità tutta: se assolutizzi una risposta o un concetto blocchi il dialogo, l’interlocuzione diventa monologo senza diritto di replica, fino a – chissà – un’inarrestabile catena di conseguenze apocalittiche che potrebbe portare alla marcescenza della democrazia e a una catastrofica invasione aliena.

Secondo pareri più moderati, l’abuso di assolutamente è solo indice del progressivo impoverimento dell’italiano, che si appiattisce su poche, ricorrenti espressioni, quasi sempre usate in maniera impropria. La lingua quotidiana parlata tutti i giorni, d’altronde, è colma di piccole scelleratezze, da un attimino (soprattutto quando usato con il valore di “un poco”: Aggiungi un attimino di sale), fino al padre di tutti gli sfaceli: piuttosto che.

Un conto però è arricciare il naso e scuotere la testa, un altro è trasformare un povero avverbio inerme nell’immagine del disfacimento intellettuale di un’intera nazione: in fondo il vero problema creato dall’uso improprio di assolutamente è dato dal rischio di far fallire la comunicazione, generando un fraintendimento.
Mi ami?
Assolutamente.
Scusa, ma assolutamente sì o no?
Beh, sì, perché mi assilli così? Mi fai sentire in trappola, non ce la faccio più!
Ecco allora che un avverbio si trasforma nel primo passo verso una dolorosa separazione. Non un armageddon culturale, ma solo un piccolo grande dramma del quotidiano.

Pubblicato da Carmela Giglio

Cacciatrice di sinonimi, scalatrice di costrutti sintattici, esploratrice di ambiguità semantiche, con un'improvvida attrazione per tutto ciò che è visuale e visionario.